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Cima del Cridola

di Andrea Gallarotti

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lunghezza 12 a/r     12_1250_EEA

 

Io e il mio socio Davide ci ritroviamo sabato pomeriggio a valutare un paio di possibili opzioni per la gita domenicale, in base al tempo, agli impegni, ai partecipanti, alla possibilitá di far tardi o meno il sabato sera e alla voglia che abbiamo. Il risultato é che siamo io e lui, dobbiamo essere ad una grigliata con tutti gli amici la domenica a pranzo, e abbiamo una grinta incredibile.

Decidiamo per la cima del Cridola, a dir la veritá decide lui, e si informa lui, io mi fido ciecamente e seguo a ruota. Stando a Davide sarebbe stata una cosa non troppo impegnativa, con 1300 metri di dislivello in 4.5 massimo 5 km, a onor del vero Davide aveva chiamato 2 o 3 persone esperte che gli avevano detto che si poteva fare senza corde e imbraghi, stando ben attenti. Bene, deciso, si vá. A letto presto sabato sera.

Ritrovo ore 8:15 a Vallesella, andiamo a Domegge di Cadore, attraversiamo il ponte sul lago pieno che piú pieno non si puó e saliamo fino al rifugio Padova, andiamo a bere un caffé in rifugio e come dei turisti sprovveduti ci ritroviamo entrambi con 50 € alle 8 di mattina e la gestrice non riusciva a darci il resto, ci salviamo solo perché la zia di Davide aveva giá prenotato per pranzo e li abbiamo messi sul suo conto, quindi no, non siamo turisti. Piccola nota: la gentile signora al banco ci dice che la mappa CAI riporta 4 ore per raggiungere la cima.

Partiamo, abbastanza leggeri, solo acqua, qualche barretta, un cambio, e un antipioggia. Maniche corte, imbocchiamo subito il sentiero n.346 a 1.300 metri e la brezza punge abbastanza, soprattutto nel sotto bosco, ma non é un grosso problema perché visto il ritmo con cui procediamo dopo 5 minuti siamo giá caldi. Dopo un inizio relativamente leggero inizia la pendenza, dopo poco si arriva ad un bivio dove si tiene la sinistra e si segue per Forcella Scodavacca. Da qui in poi il sentiero é composto solamente da ghiaia piuttosto “faticosa” da percorrere. Superiamo circa una decina di turisti divisi in 3 gruppi che salivano a ritmo pacifico. Alle nostre spalle il Pelmo domina la vallata, e sinceramente sposta un pochino i nostri riferimenti, lo pensavamo piú “a destra”, ma il Pelmo non puoi sbagliarlo. Raggiunta Forcella Scodavacca a 2.043 metri ci si ritrova davanti la valle di Forni di sopra. Da qui si procede a sinistra puntando alla Tacca del cridola, si sale per il ghiaione zizzagando in un sentierino fatto a tornanti fino a che non ci si ritrova davanti alla roccia vera e propria, si inizia a salire piú arrampicando che camminando (credo che gli esperti dicano 1* livello). Seconda piccolo nota: sabato sera Davide mi mostrava un bellissimo video con protagonista un simpatico vecchietto in abbigliamento tipico anni 60 che pecorreva questa via, quindi il nostro pensiero é stato: l’ha fatta il nonno, non la facciamo noi???

Da qui in poi la difficoltá sinceramente é abbastanza costante, non semplice, ma costante. Il nostro ritmo cala decisamente e stiamo molto attenti a dove mettiamo piedi e mani. La nostra preoccupazione principale iniziava a diventare il ritorno. Si sale fra canalini, guglie, si vedono cose pazzesche che sembrano irreali, tipo il masso di Willy il coyote che aspetta che passi Bip Bip sotto. Ci fermiamo un paio di volte per bere e per fare qualche foto con la GoPro, in una di queste pause ci supera un ultra atleta che saliva praticamente di corsa con al seguito solo 2 borracce, mostro. Tutta la via é segnata davvero benissimo, i bollini rossi sono ovunque e sbagliare é davvero molto difficile prestando attenzione, ogni tanto sembra addirittura che ti stiano indicando dove appoggiare i piedi.

Continuiamo a salire, un paio di passaggi sono un pó piú tosti degli altri, é vero, bisogna stare attenti. Spesso abbiamo pensato che un caschetto sarebbe stato utile in quanto il terreno molto friabile sganciava sassi spesso e volentieri, ne schivo uno tipo matrix. Lungo la via ci sono 3 o 4 spit per assicurarsi nei punti piú esposti, quindi abbiamo pensato che ci avrebbe fatto comodo anche un pochino di corda, ma senza l’imbrago sono dell’idea che sarebbe stato piú l’intrigo che altro, in ogni caso 10 metri metteteli sempre nello zaino, non si sa mai e non sono quei 300 grammi che faranno la differenza a fine giornata.

Siamo in cima, la vediamo, non la croce, ma sappiamo che mancheranno 100 metri al traguardo, peró ci si presenta un passaggio difficile, forse il piú difficile: un salto di 3 metri circa, dove bisogna aggirare questo sperone di roccia esposto nel vuoto, riflettiamo. Eravamo stanchetti, avevamo spinto forte fino a li (adesso ve lo dico, qui eravamo a 2 ore giuste), ci mancava un filino di luciditá anche se entrambi stavamo benissimo, decidiamo di tornare indietro, forse anche per poter dire: “siamo tornati indietro” a nostra giustificazione, peró forse, insomma ci sembrava la cosa giusta da fare. Facciamo 20 metri in discesa e ci fermiamo per farci un bel selfie con la GoPro nel punto raggiunto, quando sentiamo una voce che ci dice: “cosa state facendo, starete mica tornando indietro? Ormai siete arrivati!” Era l’ultra atleta che ci aveva visto salire, era arrivato in cima, e stava tornando indietro, gli spieghiamo la situazione e ci assicura che quel passaggio che ci faceva paura non era nulla di speciale, avevamo giá fatto di peggio fino a adesso, ma forse la stanchezza gioca brutti scherzi ogni tanto. Questo signore sulla quarantina di Vigo di Cadore ci prende (quasi) letteralemente per mano e ci fa superare questo sperone, da li in 10 minuti siamo alla croce e sulla tanto agognata cima.

In cima, spettacolo, si vede tutto, ma proprio tutto, il Cadore in toto, il Pelmo, l’Antelao, la Marmolada, il Civetta e un sacco di altre montagne di cui non so il nome, ma é stupendo. Ci sono altri 2 “ragazzi” che si mangiano un panino e si godono il panorama seduti sulla roccia con le gambe nel vuoto, li conosciamo di vista come loro conoscono noi, ci facciamo un paio di foto a vicenda e ci scambiamo le opinioni sulla salita. Scriviamo 2 messaggi sul libro sotto alla croce, mangiamo una barretta, fumiamo una cicca. Facciamo ancora un paio di foto assieme per ricordarci di questo momento e dopo poco iniziamo con la discesa, un pó perché Davide ha l’ansia della discesa, un pó perché eravamo in ritardo per la grigliata!

Sapevamo quello che ci aspettava, bisognava scendere con calma, culo a valle nei passaggi piú difficili, nessuno ci correva dietro, potevamo prendercela con calma (anche se un pensiero alla grigliata andava ogni tanto!) e cosí abbiamo fatto. Siamo scesi sani e salvi con molta tranquillitá, un totale di 2h15min per salire e 1h45min per scendere, tutto compreso. Arriviamo a casa di Cole e Dani e come al solito stavano aspettandoci spiluccando degli antipasti e bevendo degli aperitivi, se é poi trasformato in un pranzo formidabile con degli amici fantastici e costicine da paura, abbiamo anche bevuto un paio di birre, forse 2, forse 3, forse 4, forse 5…ma ce le meritavamo tutte.

cartina tabacco
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