“Se i miei soldati cominciassero a pensare, nessuno rimarrebbe nelle mie file” diceva Federico II re di Prussia.
Perché andare in montagna?
Tanti sono i motivi che spingono noi capretti ad andarci.
C’è chi lo prende solo come uno sport, c’è chi ha bisogno di adrenalina, chi ha una visione più mistica/conteplativa e quel tipo di natura gli ispira pensieri più o meno profondi, c’è chi ha bisogno di un’avventura, chi vuol fare una sfida con se stesso, e il solitario (quello con le carte intendo) non gli dà la stessa emozione, chi vuole percorrere di nuovo i passi di chissà chi o chissà che cosa, ecc…
Quasi sempre, mentre sono immerso fra i larici o fra la dolomia, questa domanda mi sorge spontanea.
Perché vado in montagna?
Dal nulla mi trovo a chiedermi che cosa sto facendo là in quel momento. Perché non sono a fare la marmellata a casa, perché mi sveglio la mattina presto dell’unico giorno libero che ho, per andare a faticare.
Mi piacerebbe avere una risposta da grande scrittore, o da grande pensatore illuminista; invece faccio “spallucce”, la faccia di uno che non ha proprio idea del perché, ma l’unica cosa certa è andare avanti per l’escursione programmata.
L’”orizzonte”…. l’”infinito”… i “confini allargati”….tutte belle parole, ma in realtà non le sento dentro.
Non sento dentro neanche la sfida con me stesso e sicuramente del fisico non mi interessa nulla. Quindi adesso che so che non so perché vado in montagna, posso finalmente dormire la domenica mattina fino alle 11,00 per poi aspettare l’aperitivo di mezzogiorno.
Finalmente ho una certezza, domenica ordinerò un tocai e tra una risata e l’altra aspetterò la polenta e le costesine (quelle fatte con le “bronze”, quelle così perfette che si attaccano alle dita).
Mentre organizzo i miei pensieri, ho raggiunto la croce del monte Paterno. Attorno a me, come sempre, il resto delle Dolomiti. Do uno sguardo alle Tre Cime e poi vado in cerca della torre di Toblin, perché appena scesi da qua andremo a fare anche quella ferrata.
Non sono solo.
Per scendere lungo il Paterno bisogna entragli dentro, nel vero senso della parola; si perché qua 100 anni fa si combatteva, a 2500 m SLM con il freddo e il gelo, in un ambiente -per l’amor del cielo- meraviglioso, ma ostile.
Una rete di cunicoli dentro la roccia scavata da quella povera gente ci permette di sbucare al Rifugio Locatelli, pensare alle giornate di quei giovani mi fa rabbrividire.
La ferrata del Paterno è spettacolare, non impegnativa (prudenza sempre) e con degli scorci meravigliosi.
Da quando penso a quei poveri cristi, stambecchi sulle crode con il fucile in mano e con la testa sul divano di casa, non riesco più a godermi la giornata. Ma pensa tu se devono rovinarmi la giornata sti quattro militari.
Ci avviciniamo alla torre di Toblin, avevo già avvisato la compagnia che, seppur corta, sarebbe stata una ferrata esposta, ma il gruppo è determinato e vuole toccare la croce della torre.
Lascio alcune foto per farvi vedere il percorso.
…e domenica prossima la sveglia sarà alle sette….












